giovedì 5 aprile 2012

Preghiera di un cane randagio

Con passo vacillante e con il corpo stremato giungo alla fine dei miei giorni. Forse staserà morirò e da sotto questa quercia con l’ultimo respiro che mi resta nella gola, vorrei ringraziare il Signore per il pane che mi ha fatto trovare nella spazzatura, per l’acqua che ha fatto scendere dal cielo per dissetarmi, per i sagrati delle chiese dove ho potuto ripararmi. Si, Signore Io sono uno di quelli, uno dei tanti che non sa cos’è il calore di una cuccia, il sapore di un osso, la carezza di un padrone. Conosco solo il dolore dei calci sul dorso, le sassate sulla fronte, le gomme di quella macchina che mi hanno spinto nel burrone. Ricordo, poi, quella mano, grande, pesante, che ancora cucciolo mi ha abbandonato nella strada, dove vissi il mio calvario. Ho attraversato monti, boschi e paesi nessuno mai mi ha tenuto con sé, nessuno mai mi ha dato un nome. Dalla nascita, ho sempre portato il tuo “cane”. Signore, tante sono le cose che vorrei dirti; ma .... Il cuore ha rallentato il battito e il respiro si affievolisce sempre più. Perdonami! E ti supplico: fa che la mano dell’uomo non abbandoni più un cucciolo per strada. E’ triste vivere da vagabondi, è penoso essere soli ed essere semplicemente solo un cane. Abbracciami almeno tu in questo attimo. Perché? Perché anche io ti appartengo!

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